Soggiornare a Palazzo Velli significa vivere Roma

UNA STORIA NELLA STORIA

 

L'elegante Palazzo del 1400 edificato dalla nobile famiglia Velli, da cui prende il nome, fa da cornice alle suite conferendo all'intero ambiente una maestosità unica nel suo genere.
Al pari di altre dimore storiche, la fruizione dello spazio architettonico interno diventa un ulteriore stimolo sensoriale amplificando l'effetto emozionale e comunicativo degli appartamenti. La ristrutturazione dell'edificio avvenuta negli anni settanta e la conseguente riqualificazione è stata infatti realizzata con l'intento di preservare la storicità del palazzo e, allo stesso tempo, di costruire uno spazio moderno dotato di tutti i comfort e le tecnologie all'avanguardia per soddisfare ogni tipo di esigenza. 

La polifunzionalità di Palazzo Velli si declina dunque in tre modalità distinte legate però da un unico filo conduttore ovvero la fruibilità dello spazio in tutte le sue forme: ARTE, BUSINESS e SUITES.
Queste assicurano agli ospiti, ai viaggiatori, agli artisti, un'esperienza originale oltre che una continuità culturale con il Palazzo e la sua storia. 

Per questo e per altri motivi Palazzo Velli è considerato un edificio unico nel suo genere, rappresentativo non solo della realtà urbanistica del centro di Trastevere ma anche del fermento artistico e culturale dell'intero rione. 

 

L'origine del Palazzo

RESIDENZA DI UNA NOBILE FAMIGLIA

Il palazzo risale alla fine del quattrocento, costruito ed abitato dalla famiglia Velli, importante a Roma sin dagli inizi del XV secolo. Realizzato inglobando edifici preesistenti del XIV secolo, costituisce la prima e più importante abitazione della famiglia Velli che arriverà a contare fino a 188 membri, come si evince dal censimento del 1526. 
Il palazzo Velli, realizzato alla fine del 1400, risulta già essere stato individuato topograficamente nella pianta di Roma al tempo di Giulio III, del 1551, stesa dal Bufalini con la dicitura "Velius" e in quella di Roma prima di Sisto V del Du Perac-Lafrery del 1577. 

L'attuale disposizione architettonica risulta dalle ristrutturazioni del XVI secolo, al tempo della sua divisione in due proprietà distinte e contemporaneo alla estinzione del ramo trasteverino della famiglia Velli. 
Il civico nr. 7 fu venduto all'ospizio dei Pellegrini e Convalescenti, come indica una tabella sopra l'architrave, divenendo infine proprietà Orsini, il cui stemma campeggia sul portone bugnato d'ingresso. Il civico nr. 9 andò invece alla basilica di Santa Maria in Trastevere che vi insediò il Conservatorio della Divina Clemenza, detto anche "il Rifugio" per l'assistenza delle giovani povere votate alla religione. 

 

La famiglia Velli

TRA LE PIÙ POTENTI DEL RIONE

La famiglia originaria del Frusinate è presente a Roma sin dalla fine del 1300. Invischiata nelle lotte tra i Colonna e gli Orsini si legò a questi ultimi nel 1409 con uno dei suoi membri, Stefano Velli. 
In alcuni scritti dell'archivio Cardelli, riguardante la collezione delle carte di famiglia, in cui sono comprese quelle del ramo Campitelli della famiglia Velli, si individuerebbe addirittura una genealogia più antica, a detta del Ceccarelli, da una famiglia Bassi di epoca imperiale. 

Nel 1407 Giovanni di Nuccio Velli fu conservatore di Roma, e durante la prima metà del XV secolo Rienzo Velli fu caporione di Trastevere, e sotto il pontificato di Eugenio IV (1431-1447) Stefano Velli ricondusse i romani all'obbedienza del Papa. La famiglia Velli conta tre rami nobiliari, due di Trastevere con blasone "di rosso all'albero sradicato di verde, accostato nel fusto da due stelle d'oro" e uno di Campitelli, attestati al Palazzetto Velli di Piazza Margana con il blasone formato "D'azzurro all'aquila d'argento col volo abbassato. Capo D'Angiò con labello. Bordura dello scudo incavata d'azzurro e d'argento". 

Nel 1466 Viello di Stefano de Vielli fu presidente della fabbrica del sale e dopo di lui messer Adriano de Velli, Felice e Giulio figli di Viello di Stefano de Vielli. I rami trasteverini si distinsero alla morte di Vello Velli nel 1491 che divise il patrimonio tra i suoi due figli Onofrio e Stefano. 
Tra l'inizio del XV secolo e il 1515 documenti attestano la proprietà del palazzo a Stefano Velli, che teneva in locazione un'altra casa dall'ospedale S. Spirito ai piedi di S. Pietro in Monte Aureo. Dagli stessi documenti esiste la comprovata proprietà del palazzo. 
Nel censimento della fine del 1526, le famiglie di Felice e Antonio, fratelli de Vellis, comprendevano 188 persone e dovevano essere tra le più ricche e potenti del rione. Alla metà del XVI secolo Muzia de' Velli, vedova di Adriano, per ordine di Onofrio Velli fa costruire la cappella di famiglia dedicata a S. Pietro, secondo Adinolfi collocata in S. Maria in Trastevere, secondo Cecchelli e Lugli in S. Maria della Pietà, che comunque sembra perduta. 

Da un testamento del 16 agosto 1565, a nome di Aurelia de Lutiis, si deduce che parte della proprietà sia in mano a membri della famiglia Velli, che però si estingueranno in tutti e due i rami trasteverini nel corso del XVII secolo. Il rimanente ramo Campitelli rimarrà alla ribalta delle vicende romane con molteplici conservatori e magistrati, anche nel circondario romano, come descritto nel citato archivio Cardelli, estinguendosi nel 1714 con Lorenzo Velli. 

 

Il Palazzo

UNA STRUTTURA ARCHITETTONICA polifunzionale

Il Palazzo dei Velli si trova nella piazza S. Egidio ai civici nr. 7-9 del rione XIII o Trastevere. La piazza era originariamente dedicata a S. Lorenzo in Trastevere, dal nome della chiesa indicata in una bolla del Papa Callisto II (1119-1124) e soggetta alla basilica di S. Maria in Trastevere, cui fu sostituita verso la fine del XII secolo da quella di S. Egidio. 

All'inizio del XIV secolo, è collocato lo sviluppo edilizio della zona, caratterizzato dal palazzo Stefaneschi, casa del cardinale Jacopo Gaetano Stefaneschi, attivo sotto il pontificato di Bonifacio VIII (1294-1303); il palazzo era posto di fronte al lato sinistro di S. Maria in Trastevere, nell'area poi occupata dal monastero delle Carmelitane Scalze e sull'altro lato della piazza vi erano i nuclei abitativi poi inglobati nel palazzo dei Velli, famiglia nobile romana documentata come proprietaria dal XV secolo. 

La facciata attuale del palazzo è probabilmente quella assunta dopo gli interventi del XVI secolo. Attualmente scomparsa, le cronache narrano di una finestra collocata al primo piano, sulla sinistra, in travertino e marmo con davanzale su mensole, ove vi è la rara inferriata con al centro un ornato polilobato con elementi araldici dei Velli. La struttura di questa zona della facciata, ha delle discordanze con l'incisione di Giuseppe Vasi del 1758, raffigurante "il Monastero e Chiesa di S. Egidio in Trastevere delle suore Carmelitane" in cui è visibile l'angolo del palazzo Velli con il cantonale bugnato ora scomparso e due finestre al primo piano simmetriche rispetto al piano nobile. 

Il portone al civico nr. 9 in bugnato regolare è della seconda metà del quattrocento, come gli esempi di matrice Bramantesca di piazza della cancelleria. Su di esso erano poste una tabella di proprietà di S. Maria in Trastevere e uno stemma originariamente policromo della famiglia dei Velli. 
Mentre quello al civico nr. 7 è del cinquecento e riconduce alle esperienze Sangallesche che riorganizzano in modo più articolato i portali e i bugnati cantonali, sovrastato da una tabella di proprietà dell'ospizio dei Pellegrini e Convalescenti. Questa parte è proprietà della famiglia Orsini il cui stemma è collocato al di sopra del portone. 

Le due finestre sul lato sinistro del civico nr. 9 sono ricostruite, dato che documentazione fotografica del 1942 denota una diversa impostazione della facciata, con la presenza di due botteghe fra cui vi era, ai primi del 1900, una bottega di fabbro ferraio all'interno del portone di questo civico. 
Il piano nobile e l'ultimo piano presentano ciascuno sei finestre con cornici in marmo, collocabili entro il primo quarto del XVI secolo. Il modello di finestra del piano nobile è quello che si impone in Roma nei primi anni del 1500 con un lavoro di riduzione formale e dell'approccio filologico ai monumenti antichi. Le incorniciature sono due, la prima a sagoma rettangolare con la modanatura dell'architrave girata tutta intorno e la seconda che aggiunge al primo tipo un fregio liscio e una cornice come nel caso delle finestre del palazzo. 

Molto importanti dal punto di vista architettonico i legamenti orizzontali del primo cinquecento elaborati nell'ambito della esperienza Sangallesca cui sono congruenti le fasce orizzontali, le finestre e il portale del civico nr. 7. Quello del civico nr. 9, antecedente, si discosta invece dall'armonicità del resto. 

L'interno ha un ampio androne e sulla destra di esso una porta con lo stemma dei Velli, nell'interno vi è la scala di accesso ai piani superiori esterna, reperto più antico e caratteristico dell'intera struttura. 
La struttura della scala esterna e delle logge è una delle poche, risalenti al XV secolo, conservatasi a Roma e l'elemento di confronto più immediato è il cortile di Palazzo Mattei, anch'esso con scala esterna. 
Il cortile di Palazzo Velli ha avuto diverse trasformazioni, già nell'Adinolfi è descritto come uno spazio che nel fondo vi è una porticella con stemma a mosaico della famiglia Velli, mentre sulla destra un muro di cinta dell'orto antico coltivato a giardino e a sinistra una stalla che riporta la stemma. Questa situazione scompare tra il 1875 e il 1923, anno in cui il Cecchelli riporta l'esistenza nello stesso spazio delle zone retrostanti l'officina del fabbro sopracitato e indica una curiosa edicola medievale, forse contenente lo stemma dei Velli. 

Nel complesso l'edificio, quindi, ha avuto due grandi rimaneggiamenti. Il primo, quattro-cinquecentesco, con l'accorpamento delle due unità immobiliari al civico nr. 7 e al civico nr. 9, secondo l'andamento strutturale delle residenze nobili del tempo, con i corpi che attorniano parzialmente la corte centrale loggiata, scala esterna e disimpegno attraverso le logge stesse, realizzando un cortile asimmetrico di netta matrice toscana, di moda al tempo, rara realizzazione di questo tipo del rinascimento romano, presente nelle case Mattei, nel Palazzo Sforza di S. Maria Maggiore, e nel Palazzo di S. Marco. Il secondo intervento alla metà del cinquecento che interviene sul prospetto esterno, sulle finestre e il portone bugnato al  civico nr. 7 con influenze stilistiche di Antonio da Sangallo. 

 

La ristrutturazione moderna

UNA REALTÀ UNICA NEL SUO GENERE

La ristrutturazione del Palazzo avviene nei primi anni settanta, quando successivamente all'acquisto da parte dell'attuale proprietà, furono ripristinati i cortili interni, ingombrati da superfetazioni e cubature al piano terra e venne riorganizzato il corpo interno per ospitare mini residenze. 
L'intervento, oltre che alla riorganizzazione funzionale sopracitata, realizzò un sostanziale ripristino dell'estetica esterna del palazzo riportando alla luce la scala esterna e parte dei loggiati. Tutte le intonacature sono state realizzate secondo i colori in voga al tempo della realizzazione dell'edificio e con tecniche e materiali tradizionali, cosa che valse il riconoscimento da parte delle Belle Arti di un encomio solenne. 

I saloni, che oggi costituiscono la sede espositiva, furono riportati all'origine, eliminando le strutture e gli impianti delle botteghe ivi presenti e abbandonate nel 1970, consentendo la riscoperta di elementi strutturali principali e un affresco ivi presente. 
Negli anni successivi furono affittati all'antico cinema Pasquino di vicolo del Piede e integrati in esso. All'indomani della riconsegna ai proprietari delle sale, venne eseguita l'attuale ristrutturazione con l'ammodernamento degli impianti esistenti e la loro attualizzazione secondo le più recenti norme, cercando di introdurre ove necessario elementi stilistici congruenti o antitetici ma perfettamente integrati. 
L'impianto di condizionamento risulta l'elemento moderno più evidente, inserito negli ambienti senza snaturare l'estetica delle sale nella loro interezza e pur risultando in alcuni casi molto evidente, si pone come elemento a se stante, quasi a contrasto con l'antico ma facendo percepire una congruità di fondo del nuovo contesto realizzato. Tutti gli altri impianti sono totalmente mascherati nella struttura e quindi invisibili. 

Grande attenzione è stata posta nell'abbattimento delle barriere architettoniche per i disabili e per gli impianti a loro dedicati, inseriti nel contesto senza realizzare cesure di notevole entità, anzi integrandoli nel contesto generale. La soluzione dell'ingresso è, infine, un'interessante soluzione che unisce l'esigenza di coprire la maggior parte degli impianti esistenti e movimentare una sala altrimenti anonima e decontestualizzata rispetto agli altri ambienti.